Chiesa di S. Erasmo

Via Olivetani, Formia, LT, Italia
3153
accessibilità : luogo pubblico

La presenza di una comunità cristiana a Formia è non precedente alla persecuzione di Diocleziano, avvenuta tra il 303 e il 313. Intorno alla sepoltura di sant’Erasmo, protovescovo formiano martirizzato tra il III e il IV secolo, sorse nel VI secolo un luogo di culto, citato in una lettera di papa Gregorio Magno al vescovo Bacauda del 590. Secondo i documenti del sinodo diocesano di Gaeta del 1799, celebrato essendo vescovo Carlo Pergamo, il vescovo di Formia Probo, diretto successore di Erasmo, avrebbe lui stesso posto le spoglie mortali del suo predecessore in una chiesa preesistente, situata nell’area occidentale della città, non lontana dal teatro.

La monumentalizzazione del sito avvenne probabilmente in epoca carolingia, tra l’VIII secolo e la prima metà di quello successivo, con la costruzione di una grande chiesa con cripta semianulare. Nella seconda metà del IX secolo, a causa delle frequenti incursioni saracene, la sede vescovile venne trasferita a Gaeta, e con essa anche le reliquie di sant’Erasmo, che trovarono collocazione presso la chiesa di Santa Maria del Parco; la cattedrale formiana venne degradata al rango di semplice chiesa.

Alla chiesa venne annesso un monastero benedettino maschile citato per la prima volta nel 919; dapprima indipendente, successivamente fu acquisito dall’abbazia di Montecassino all’epoca dell’abate Desiderio, tra il 1058 e il 1066; in questo periodo la chiesa fu ricostruita in forme gotiche. Con la conversione dell’abbazia madre in commenda alla fine del XV secolo, nel 1491 la chiesa e il cenobio di Sant’Erasmo vennero ceduti alla Congregazione olivetana, i cui monaci vi rimasero fino alla soppressione degli ordini religiosi del 1806. Da allora la parrocchia, eretta nel 1599, fu retta dal clero diocesano.

La chiesa e il monastero vennero in gran parte distrutti nel corso del saccheggio turco del 1532; vennero ripristinati con un radicale restauro in forme rinascimentali tra il 1538 e il 1560. Nel XIX secolo la chiesa fu oggetto di una serie di interventi; uno di notevole entità venne avviato nel 1855, con il rifacimento del tetto; in seguito ai bombardamenti piemontesi del 4 e 5 novembre 1860 (che danneggiarono notevolmente la chiesa e l’attiguo quartiere di Castellone) la chiesa venne nuovamente restaurata, per poi essere successivamente abbellita con nuovi altari e suppellettili.

Tra il 1970 e il 1976 venne scavata al di sotto del pavimento della chiesa un’ampia area archeologica, comprendente resti di varia natura: una necropoli romana del I-IV secolo, la tomba martoriale del IV secolo, la primitiva cattedrale del V secolo, la cripta semianulare carolingia e, in locali attigui, le botteghe benedettine dell’XI secolo, le strutture olivetane del XVI secolo e le sepolture a camera del XVIII secolo.

La chiesa è esternamente preceduta da un ampio sagrato, perpendicolare alla strada a rispetto ad essa posto ad una quota inferiore, introdotto da una scalinata. Alla destra della chiesa, sorge la cinquecentesca cappella di San Probo, a navata unica senza abside. La facciata della chiesa di Sant’Erasmo è a salienti ed è preceduta da un portico; questo si compone di tre campate e si apre sull’esterno con tre arcate a tutto sesto, poggianti su pilastri all’interno dei quali sono visibili le antiche colonne marmoree in essi inglobate con restauri rinascimentali. La parte superiore del prospetto presenta un ampio finestrone rettangolare, e un coronamento costituito da un timpano triangolare.

All’interno, la chiesa ha una struttura a tre navate di cinque campate ciascuna, coperte con volta a crociera; gli ambienti sono divisi da due file di pilastri gotici quadrangolari in blocchi lapidei, cui nella navata maggiore sono addossati delle semicolonne, anch’esse medioevali. Quest’ultimo ambiente è illuminato da monofore ad arco poste nella parte superiore delle pareti laterali. Lungo le navate minori, vi sono alcuni altari, tra i quali quello dedicato al santo dedicatario (in fondo alla navata destra), il quale è raffigurato in una statua policroma processionale del XVIII secolo, situata in apposita nicchia all’interno dell’ancona.

La navata maggiore termina con l’abside a pianta rettangolare, anch’essa coperta con volta a crociera e adornata con affreschi che ne sottolineano l’architettura; l’altare maggiore barocco, in marmi policromi, è posto al di sotto dell’arco absidale.

A ridosso della parete di fondo dell’abside, rialzato su di una pedana, si trova l’organo a canne, costruito dall’organaro inglese Thomas Pendlebury nel 1912 per la chiesa metodista di Richmond, nel North Yorkshire, acquistato dalla chiesa formiana nel 1988; tra l’anno di trasferimento e quello successivo, ha subito una serie di importanti modifiche ad opera dell’organaro Maurizio Panaccione, il quale ha rimosso le canne del registro del pedale, la cassa espressiva e ha convertito l’originaria trasmissione pneumatico-tubolare in elettromagnetica. Lo strumento dispone attualmente di 14 registri, con materiale fonico dei secoli XVIII e XIX, su due manuali (a questi registri si aggiunge quello del pedale, senza canne e quindi non funzionante). L’organo è racchiuso all’interno di una cassa di contenzione neoclassica in legno scuro, e la sua consolle è a finestra, con i registri e le unioni azionati da pomelli ad estrazione posti su più file ai lati delle tastiere.

 

Fonte: WIKIPEDIA

 

 

 

 

IL MONASTERO DI S.ERASMO A CASTELLONE DI FORMIA – Mille anni di storia
Verso i primi anni del decimo secolo d.C., un gruppo di monaci benedettini, per antiche vie mulattiere , da Cassino raggiunsero la collina di S. Maria La Noce dove in poco tempo costruirono un ” romitorio ” con Chiesa rupestre.
Il loro obiettivo , però, era quello di costruire un monastero che si affiancasse alla Chiesa di S.Erasmo a Castellone di Formia, già nota fin dal quinto/sesto secolo d. C., per essere stata sede vescovile.
Cosa che avvenne in pochi anni , tant’è che viene citato nel 919 dal codex Cajetanus e già nel 1066 l’abate Desiderio fece applicare sul portone di bronzo del Monastero di Montecassino una formella, ancora oggi visibile, che attesta la proprietà benedettina del Monastero di Castellone, in quell’epoca.
Proprietà benedettina che durò fino agli ultimi anni del 1400, quando l’Abate Commendatario Perpetuo del Cenobio di S.Erasmo di Castellone Giuliano della Rovere – che diverrà poi Papa Giulio ll – vendette nel 1491 l’intera struttura monastica ai Monaci dell’ordine Olivetano.
Fu così che questi ultimi monaci divennero proprietari non solo del monastero, ma anche della Chiesa di S.Erasmo e dell’area del Borsale dove si ergevano , imponenti , i resti del Teatro Romano di Castellone.
Nel periodo “olivetano” che durò appena due secoli, il monastero e la Chiesa di San Erasmo subirono danni e saccheggi da parte dei turchi nel 1532.
I ripristini murari avvennero entro il 1539, particolare attestato dalla incisione sul portale della collegata Chiesa di S. Probo.
Dopo la soppressione degli Ordini Religiosi operata da Gioacchino Murat nel 1807 , gli Olivetani furono costretti ad abbandonare il monastero che divenne un rudere disabitato, tal come lo vediamo nel disegno del 1847 di Pasquale Mattej.
Abbiamo così, grazie al Mattej , la prima ed unica immagine di quello che fu il Monastero di S.Erasmo di Castellone.
Monastero che fece parte del progetto di Ferdinando ll di trasformazione in caserma militare, dato che il Re delle due Sicilie aveva acquistato nel 1852 la Villa Caposele di Castellone che allora era ritenuta la “domus” di Cicerone nel Formianum.
La presenza del Re , impose la necessità di dotare l’allora ” Comune di Castellone e Mola ” di due caserme militari.
La seconda caserma militare con aggiunta di reparto di cavalleria , interessò l’intero Monastero Teresiano dei Carmelitani, al centro tra i due borghi di Castellone e Mola.
La realizzazione della caserma militare di S.Erasmo ebbe un costo di ducati 17.825 , mentre quella di S.Teresa arrivo’ a ben 40.000 ducati per l’aggiuntivo onere finanziario di costruzione della Cisterna Borbonica di mq 250 situata al di sotto della Piazza Guglielmo Marconi.
Per le due caserme, in valore attuale, furono spesi in totale circa 3.000.000 di euro.
Con la morte di Ferdinando ll avvenuta nel 1859, e con la caduta della Fortezza di Gaeta del 1861, scomparve il Regno Borbonico delle due Sicilie.
Negli anni ’30 del secolo scorso , in pieno periodo fascista, l’ex caserma militare borbonica di Castellone divenne “Colonia Climatica Ferdinando Di Donato” per gli alunni gracili delle scuole comunali di Roma.
L’immobile fu acquisito, negli anni ’80/’90 del secolo scorso, dal Comune di Formia. L’allora sindaco Sandro Bartolomeo avrebbe voluto realizzarvi l’Archivio storico di Terra di Lavoro.
Nel 2011 , il Sindaco di Formia Michele Forte ritenne invece di concederlo per 25 anni all’IPAB della Santissima Annunziata di Gaeta.
Di certo , l’attuale struttura della ” Colonia Di Donato ” sotto il suo apparente rivestimento esterno in stile moderno, nasconde realtà costruttive e antichità riguardanti tutto l’arco dei mille anni di utilizzo. Non si escludono, ovviamente, possibili testimonianze di epoca romana.
Aggiungo, purtroppo, che questa grande struttura , oggi affidata in custodia al Comune di Formia, è da molti anni sotto sequestro disposto dalla Guardia di Finanza per aver riscontrato gravi irregolarità e difformità nella esecuzione dei lavori di riqualificazione dell’immobile ad opera dell’IPAB.
È facile immaginare quanti tesori e quante storie potrà farci conoscere questo immobile che è stato testimone del nostro passato, per un tempo così lungo.
Personalmente ritengo che durante questo lungo arco di tempo, anche nel periodo monastico e per gli stessi monaci , il Teatro romano del Borsale di Castellone abbia avuto un opportuno ruolo abitativo che, come noto, è una caratteristica presente ancora oggi.
Raffaele Capolino

 

 

 

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